Nebbia

Ti guardo allontanarti nel buio dei lampioni fiochi, la tua andatura storta, come quella dei cani quando corrono.

Mi hai appena salutata con due baci sulle guance, come un parente. Non hai cercato di abbracciarmi, anche se eravamo soli, hai scherzato e parlato di lavoro.

Tutte le volte che hai capito che mi stavo allontanando mi hai ripescata con parole suadenti. Ti accorgi che mi stai perdendo, mi riacchiappi, mi accarezzi, poi ti rilassi nuovamente.

“Quando ti fai riparare le gomme?” mi hai chiesto, parlando della mia bici. L’aria era bagnata, ti ho chiesto distrattamente se piovesse, lo sguardo di sbieco e un mezzo occhio su di te. “Ti affiderei i miei figli ad occhi chiusi” hai detto oggi, e io stupida “grazie!” accorgendomi con un secondo di ritardo che non mi hai detto “li farei con te”. Troppi tempi sbagliati in questa storia, troppe corse per non perdere il treno che invece era già partito, passi nella stessa direzione e poi deviazioni improvvise.

Mentre mi saluti sorridi, squilla il tuo cellulare, è lei che ti chiama; mentre rispondi mi dici “buona serata” e poi ti giri di spalle. La nebbia sfuma i tuoi contorni mentre cerco di indovinare ancora per un attimo la tua figura che si allontana indefinita.

Nella cornetta esclami “sto uscendo!”.

Mi hai già dimenticata.

 

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