Due chiacchiere e una palazzina

Silvano si sistema i denti davanti mentre parla; tira via la ghiera dove i pochi rimasti sono stati attaccati da un dentista a buon mercato e poi se la rimette a posto per strada, senza badare a chi lo guarda.

“E così adesso ti occupi di mercatini?” chiede Renato, passato a trovarlo per fare due parole, dopo un lungo periodo di assenza.

Silvano annuisce. “Sì, vendo quegli oggettini di gesso che poi si bagnano col profumo per la casa, ci faccio anche un buon margine, pensa che a un euro ne vendo cinque pezzi e ci guadagno ancora!”

“E tua sorella come sta?”

“Ah, sta bene, ti avevo detto che vive nella casa dei miei, anche se è un po’ tutta da rifare… Si è presa un paio di stanze. Però che dirti, i soldi non ci sono e così la lasciamo andare in rovina ogni giorno un po’ di più”.

Renato si ricorda di quella casa: ci andava spesso da ragazzo, ci andava a trovare Silvano quando viveva ancora con i suoi genitori, ricorda che suo padre a quei tempi scolpiva il legno, faceva tutto da solo, i mobili per la casa, il corrimano delle scale, le suppellettili… Era una bellissima casa, a tre piani, con intorno un giardino enorme, pieno di alberi e nemmeno recintato, infatti non sapeva dire dove finisse e quali fossero i confini precisi.

La sorella di Silvano, Grazia, era sempre stata una gran rompiscatole, per un periodo aveva anche lavorato con loro al negozio, ma aveva sempre lamentele da fare sull’acqua fredda in bagno, sulle altre dipendenti, sulla paga, sulle scale a chiocciola troppo ripide, e così via. Silvano stesso non la sopportava, ma abbozzava a ogni screzio, non era tipo da prendere posizione facilmente, soprattutto con i parenti.

“E la palazzina sulla collina?” Renato ha uno scatto di curiosità verso quell’ulteriore possedimento della famiglia di Silvano, a volte ci passa davanti con l’auto mentre va dal commercialista, ma ormai anche quella costruzione non ha un aspetto troppo rassicurante.

stecchino“Sì, i dieci appartamenti”, Silvano ha tirato fuori uno stecchino e dopo esserselo passato tra i denti traballanti adesso lo tiene in bocca e lo fa penzolare verso il basso. “Sono tutti affittati, tranne uno”. Renato non si capacita proprio di come quei “dieci appartamenti” siano abitati, magari dati in nero, dato che non c’è un impianto di riscaldamento e la manutenzione è andata a farsi friggere da chissà quanti anni. Negli anni precedenti a volte almeno la metà di quelle abitazioni era sfitta, non si trovavano facilmente persone disposte a vivere in condizioni così disagiate, con i muri scrostati e gli spifferi che correvano sotto le porte di legno piegate dall’umidità.

Silvano si ferma e ci pensa un attimo, guarda verso l’alto sistemandosi gli occhiali. “Ma adesso c’è la crisi, arrivano gli extracomunitari, quelli che hanno perso il lavoro, hanno pochi soldi e allora l’appartamento lo prendono e ti confesso che pagano pure molto puntuali. Quel poco che gli faccio pagare, beninteso, in fondo mi fanno pure un favore a tenermi a posto quel palazzo che chissà forse a quest’ora sarebbe stato quasi da demolire. In quelle case si sente una puzza come di gruppo di adolescenti al sole”.

Renato annuisce e prima che possa tirare fuori qualche trito luogo comune del genere “dove siamo arrivati e dove stiamo andando”, Silvano riprende a parlare, mentre si sistema il cavallo dei pantaloni alzando il piede destro e quasi perdendo l’equilibrio.

Regimental_Blazer_Crest_2“Un giorno mi si presenta questo tizio, tutto acchittato, in doppio petto blu e cravatta regimental, ben rasato, profumato, sembrava un capitano d’industria. Sciorina titoli, lavori prestigiosi, incarichi di fiducia a favore di nomi potenti, soldi in banche svizzere. Però adesso che è da queste parti per un nuovo lavoro importante non vuole essere disturbato, non gli va di stare in centro in mezzo al caos e poi c’è l’ex moglie dalla quale vuole stare lontano per un po’, è stanco delle sue pretese e delle continue richieste di soldi. Così ci mettiamo d’accordo, gli fisso una pigione un po’ più alta rispetto agli altri, sai con tutte quelle garanzie… Gli dò le chiavi e ci salutiamo. Per qualche mese tutto bene, l’affitto arriva puntuale, mi telefona qualche volta ma per nulla in particolare. Poi qualcosa comincia a non quadrare. I pagamenti si fanno sempre più radi, a volte sbaglia la cifra, puoi immaginare, sempre in difetto. Gli telefono, qualche volta risponde, qualche volta no, poi più niente.” Silvano fa spallucce e fissa la cicca di sigaretta raccolta prima da terra che sta fumando, rivolgendo la brace verso di sé. “L’hanno trovato i parenti impiccato al lampadario, con la giacca blu e tutto. Però era in una posizione strana, in ginocchio, così la polizia ha messo i sigilli alla porta per fare dei rilievi, sono così lenti che non mi hanno ancora sbloccato la faccenda. Sembra che non avesse un quattrino, le amicizie importanti erano tutte millantate, non aveva quasi più nessuno, anche la storia della moglie era inventata. Che roba eh?” Si gira e sorridendo di sbieco guarda Renato che nel frattempo si è fermato con la bocca aperta e le mani in tasca. “Dai, ti offro un caffè”.

Sono arrivati sotto alla palazzina; una delle finestre ha un cartone al posto del vetro.

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