Solo

Ora che sono dentro questo locale mi chiedo perché io sia arrivato fin qui, a quale scopo. La scommessa è durata lo spazio di un attimo. Il tempo di dirsi: il primo che ci riesce vince. Ma poi cosa vince? Questo non ce lo siamo detto. E le scommesse non valgono se non si decide il premio. Forse il premio è la possibile preda, tra noi non c’è stato bisogno di spiegarlo, ma dev’essere una preda difficile, una che non sia strafatta o ubriaca, o che palesemente non veda l’ora di trovare uno che se la faccia senza complimenti, senza parole. Quella infatti non vale. Meglio una complicata, una che quando la guardi giri gli occhi da un’altra parte e che alle prime domande nemmeno ti risponda. Ancora meglio, che sia accompagnata da qualcuno: marito, fidanzato, amico intimo che ne so. Deve arrivare ad avere il dubbio di quello che sta perdendo e cosa succede se lo perde. Certi treni passano una volta sola, è questo che deve pensare. Poi ci penserò io al resto. Abbiamo un cenno concordato che il vincitore farà all’altro, il primo che lo fa può uscire col suo premio senza dovere spiegazioni, senza parole inutili. Poi ai racconti eventuali ci penseremo domani. Lui fa il gentiluomo però, dovesse vincere sono sicuro che non mi racconterebbe nulla, nemmeno com’è “sottopanni”, come si dice a Roma. Ci passo fin troppo tempo in quella sporca città, in fondo però mi piace, vado lì e faccio capire a tutti quanto sia meglio di loro, con quell’accento sguaiato che non li puoi mai prendere sul serio. Però lì ci sono i soldi, e tanti anche. Ma spettano a me. E loro lo sanno che mi spettano, quindi non battono ciglio quando me li devono dare. Non faccio neppure tanta fatica. Qui dentro invece mi sembra di fare davvero molta fatica, c’è caldo, questo bicchiere è già vuoto, ne chiedo un altro così mi avvicino al bancone dove ci sono quelle più annoiate, queste bisogna capire se vanno bene, se sono lì perché nessuno le invita o se sono solo in attesa (finta) di qualcuno che sta tardando. Non ci vuole molto a capirlo. Ma poi, sarà facile, già lo so. Lui è lì che si muove, lo scorgo appena in questo misto di buio e luci violente e improvvise. La musica è alta, troppo alta, c’è chi si dimena stupidamente come se non avesse un futuro. Io un futuro ce l’ho e ho avuto finora le palle per costruirmelo. E che nessuno mi venga a dire il contrario, lo sanno tutti che lì la baracca la tengo io, è chiaro, e chi non si adegua può anche andarsene… alle mie condizioni ovviamente. Faccio tutto alle mie condizioni. Le persone marciano a dovere, anche se ogni tanto è necessario riprenderle per bene e per quanto sia una gran rottura di coglioni lo devo fare. Poi lo so che alle spalle me ne dicono di ogni tipo. Uno l’ho beccato così. Nemmeno tra di loro si sanno proteggere, che massa di inetti. Basta schioccare le dita che qualche pecorella esce dal gregge e mi viene ad informare per bene di quel che accade. E lì a quel punto è compito mio semmai essere anche magnanimo e far rientrare l’emergenza. L’importante è che sia passata una bella dose di strizza nel culo di questa gente, perché devono sapere che non scherzo e che la prossima volta potrebbe essere l’ultima. Guardalo, ora sta ballando, chissà che crede di fare così, è un metodo vecchio, anche se spesso sembra che alle ragazze piaccia. Le guarda in un modo che le inchioda dove stanno, le fa passare dalla paura al dubbio all’eccitazione in un attimo. Poi però le abbandona. Le lascia lì a chiedersi se non se lo siano sognato. Io lo so che non se lo sono immaginato, ma loro no, è quello il dubbio più grande. Anche se non capisco che gusto ci sia venire in un locale ad accendere qui e là qualche fuoco e poi lasciarlo bruciare in solitudine andandosene a dormire. Io se vinco prendo quello che mi spetta. E il fuoco lo consumo fino alla fine, finché non rimane nemmeno la brace. A scuola ero uno che piaceva, spesso mi bastava un sorriso per portarmele a casa, ero un leader nato, questo lo so non solo perché me lo hanno detto. Uno se lo sente dentro quando è così. Poi se a volte posso sembrare più duro del dovuto è solo il ruolo che me lo richiede che cazzo, lo so anche io che se muore tuo padre vorresti startene a casa per un pò. Però il dovere chiama e io devo richiamare. La concessione se viene fatta va anche apprezzata, ma io tanti grazie non ne sento. Guardalo lì, continua ballare, sembra che non voglia fermarsi su nessuna, ma se fa così non ha vita lunga qui dentro. Anzi al contrario, avrà vita fin troppo lunga perché continuerà a girare come una trottola senza concludere niente, mentre io starò già dormendo dopo la doppietta. Era il mio uomo di fiducia quando l’ho preso lì dentro. Tanto di fiducia che qualcuno ha storto il naso chiedendosi perché. Perché? Nessuno aveva il diritto di saperlo, quel che decido io si fa e lui per me andava bene. Però pensavo che restasse docile e imparasse le cose come le dicevo io, invece fa di testa sua e certe volte m’incazzo proprio anche se sembra che non gli faccia effetto. Con lui non fa effetto, non rientra nei ranghi come gli altri, in effetti non è uno che che si ritrae come vorrei, non sta nelle righe anche se ha fatto sto cazzo di militare di cui si vanta tanto. Vuole fare come dice lui. Ma non ha capito che deve fare come voglio io. Ma ci riuscirò prima o poi a fargli cambiare idea. Questa sembra adatta, mi guarda di sfuggita come se volesse evitarmi, ma io lo so che non aspetta altro che mi avvicini.

Le donne son proprio troie anche se vogliono sempre dimostrare il contrario. Nessuna esclusa, proprio no. Basta poco a volte e te lo dimostrano subito. Qualcuna invece è un pò più resistente, bisogna oliare meglio, ma io pazienza ne ho da vendere. Ho sempre il polso della situazione, so sempre di sembrare sicuro di tutto quello che sto facendo. Se non ti mostri sicuro come fai a dare l’esempio? E non c’è nemmeno bisogno di fare la voce grossa, bastano i gesti e lo sguardo. Con lo sguardo faccio capire molte cose. Fisso dritto negli occhi, non c’è bisogno di altro molto spesso.
Sembra che stia cedendo, adesso è il momento di sferrare l’attacco finale, deve capire chi decide qui dentro. Lo sanno sempre le persone che sono io a decidere. Lui è sempre lì che si muove, ne ha due o tre attorno, crede di aver in pugno la situazione, ma non sa che io invece ho già concluso. In fondo poco importa che la notte non riesca a dormire, che mi mangi le mani dall’ansia e che la mia pelle sia grigia come quella di un vecchio e che lei la maggior parte delle sere si giri dall’altra parte come se non ci fossi. Poco importa che il mio entusiasmo a volte sia solo mio e che c’è chi mi segue di malavoglia pensando che sia un fatto ben celato. In fondo conta il risultato e io risultati ne porto. Che m’importa pure di questa stronza che chissà cosa si è messa in testa. E che m’importa del cenno, della scommessa. Ma non deve sapere che faccio come lui, che volto le spalle e vado via senza portarmi il trofeo a casa. Ora non lo vedo più, è il momento migliore. Ti saluto amico, me ne vado da solo. Da silenzioso vincitore.

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