Una giornata al mare

DSCN0528 Ora che le loro vite si sono incanalate in tristi matrimoni, chissà se ricordano il calore del sole sul viso nelle discese al mare d’estate, aspettando il bus con lo zaino in spalla. Il biglietto lo facevamo al bar della salita, stava all’angolo della strada principale, vicino alla fermata del bus, e noi fratelli lo chiamavamo così perché prima di entrare dalla porta a fili di spugna si percorreva una brevissima salita di cemento. Il bar però la domenica mattina era chiuso; quindi per poter fare il biglietto bisognava pensarci per tempo, almeno la sera prima. “Un biglietto andata e ritorno per il mare”, questa era la formula che apriva gli argini del desiderio di una giornata tra la sabbia, l’acqua cristallina e il sole. Il bus passava presto, alle sette e un quarto e chi non faceva in tempo poteva prendere quello delle nove e mezza, ma si sarebbe perso tutto l’incanto della spiaggia deserta delle otto, il mare liscio come una macchia d’olio che veniva voglia di bere d’un sorso, senza uscire mai.DSCN0529
Spesso si andava in gruppi corposi, si era fino in dieci, col panino preparato a casa ripieno di hamburger o fettina e le merendine in pacco multiplo da dividere tra tutti dopo pranzo. Facevo la richiesta a mio padre il giorno prima, ascoltavo prima il tono dei discorsi tra lui e mia madre, se sapevano di tranquillità allora mi avvicinavo e con voce flebile chiedevo: “Posso andare al mare domani?” e la domanda di rito che mi veniva rivolta era: “Chi siete? E quanti?” e alla mia risposta sui chi ci sarebbe stato ottenevo il permesso. In capo a qualche anno non ne avevo più bisogno, comunicavo solo “Domani andiamo al mare” e il discorso era finito, anche se la domanda sul chi siete non mancava mai.
Preparavo il mio panino appena alzata, volevo che assorbisse tutti gli umori della carne poco cotta e diventasse un tutt’uno tra mollica e crosta e carne e pregustavo il momento in cui, nell’addentarlo, avrei apprezzato la cremina formata dal sugo della fettina che mi vellutava il palato e me lo godevo fino all’ultimo morso. Il dopopranzo in pineta non era mai un sonnellino riuscito. DSCN0527L’intenzione di riposarsi c’era, per favorire la digestione del pasto e prepararsi al pomeriggio in spiaggia, ma c’era sempre qualcuno che non smetteva di parlare, allora ci si univa tutti alle chiacchiere, a quindici anni sono quelle che non finiscono mai e che hanno un’aura di assoluta importanza, soprattutto quando si parla di rapporti, di amicizia, d’amore come ci sembrava di conoscerlo. Oppure c’erano gli scherzi, le prese in giro bonarie, le lotte sugli asciugamani.
Il bus che ci riportava a casa arrivava di nuovo sempre troppo presto, ma c’era un’altra attesa da pregustare, quella per la serata dopo la doccia, a chiacchierare ancora fino all’alba sui gradoni dell’anfiteatro delle feste di paese.